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I dati sanitari potranno essere utilizzati a fini commerciali?

Parola d’ordine leggere, approfondire e restare aggiornati.

Fra le mie letture di inizio anno trovo su un quotidiano nazionale “La Verità” l’intervista fatta a Pierlugi Paganini tra i  massimi esperti di cyber sicurezza, che collabora al Sistema di prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario per fini illegali del ministero dell’Economia.

Dal titolo sembra interessante ed ecco che dalla lettura emergono importanti informazioni e considerazioni.

Chi di noi non ha un dispositivo sempre connesso, addirittura un orologio dalle mille funzioni?

Ci sono aspetti positivi in questi dispositivi tecnologici, come la grande possibilità di essere avvertiti in tempo reale di irregolarità nel battito cardiaco e prevenire quindi l’infarto. Ma anche risvolti preoccupanti che vanno valutati e sui quali intervenire

Riporto sinteticamente alcuni passi salienti intervista con le parole di Paganini che per chi vorrà potrà essere letta integralmente sul quotidiano citato.

«Le big tech come Amazon, Google, Apple sono già in possesso di una quantità di informazioni legate alle nostre abitudini e possono profilare ognuno di noi. Questo vale anche per la salute. Stiamo trasferendo moltissime indicazioni sul nostro stile di vita e quindi anche potenzialmente sui nostri punti deboli sanitari. Con braccialetti e dispositivi vari, il monitoraggio dello stato di salute è continuo. Questo apre scenari inquietanti. Chi utilizza le informazioni? Siamo sicuri che non vengano rivendute e utilizzate per finalità commerciali?».

Quello che emerge dall’intervista, dai tratti in un certo senso inquietanti che non fanno altro che confermare le discussioni  a volte da bar che invece non sono altro che una realtà sempre più vicina, è che le informazioni sulla salute potrebbero essere vendute dalle big tech a compagnie di assicurazione e non solo.

Le società che hanno necessità di stipulare una polizza per i loro dipendenti potrebbero in un futuro non molto prossimo discriminare tra individui ai quali dare una polizza sulla base di dati personali riservati?

Chi ha patologie di cuore, ma anche chi conduce una vita molto sedentaria o ha altri tipi di problemi dal colesterolo al diabete, può essere, in prospettiva, un soggetto a rischio. In questo caso la polizza potrebbe risultare più costosa.

Il contratto di polizza da sempre basato su un dato aleatorio, pur restando tale inizierebbe ad assumere i contorni di un rischio sempre più individuato e reale e, con una lettura più generosa dei fatti e meno allarmante, l’intero insieme delle informazioni tracciate, come un fattore sempre più utile, diventa un momento di migliore profilazione e assunzione del rischio in fase di acquisizione delle informazioni dall’assicurato e sullo stato di salute, così da rendere certo al contempo non solo per la Compagnia il fattore rischio esistente ma anche e soprattutto per l’assicurato la consapevolezza in capo alla Compagnia in caso di assunzione del rischio stesso, della liquidazione del sinistro.

Il tutto sempre con le riserve del caso sotto il profilo di legittimità dell’uso dei dati certamente sensibili che purtuttavia vengono sempre più spesso messi a disposizione.

Il tema infatti è l’uso che si fa di tali dati. Se usati da un istituto pubblico a fini meramente di indagine sui comportamenti dei cittadini possono essere  utili a determinare il rischio di esposizione per esempio alle malattie e quindi a intervenire in tempo con politiche di prevenzione mirate., basti pensare ai recenti momenti pandemici e alle diverse applicazioni nate. Con un utilizzo “vero” si avrebbero risparmi della spesa sanitaria. Tuttavia c’è anche un uso distorto dei dati personali sulla salute

La cosa potrebbe estendersi al mercato del lavoro

Si potrebbe infatti anche iniziare ad intravedere il sempre più pressante rischio che i dati sulla salute diventino motivo di ulteriori informazioni per colloqui di lavoro in cui già oggi vengono utilizzati in maniera abbastanza ufficiale i dati trovabili sui social più diffusi oltre ai dati curriculari, potendone dedurre orientamento politico religioso e gli interessi sportive e eventuale impegno sociale.

Chi ha determinate patologie o fragilità è più a rischio di assenze, potrebbe risultare meno produttivo. Ecco che i dati diventano un fattore di discriminazione. La conoscenza dello stato di salute potrebbe essere usato dalle società in fase di colloquio e scelta del candidato.

Chi è in grado di aggregare i dati personali ha in mano un potere enorme. Una volta profilato un soggetto, si può influenzarne le abitudini e lo stile di vita inducendo determinati acquisti cosa che già accade basta vedere le nostre time line sui social e le sponsorizzate a noi rivolte.

Per quanto riguarda le assicurazioni se il futuro resta dai contorni sempre più incerti, una certezza può diventare la stipula di una polizza assicurativa volta a trovare la migliore copertura sul rischio paventato, in questo caso su ciò che si prova a controllare con i device moderni ma sempre lasciato ancora ad oggi ad una grande incognita, la salute e prevenzione, alla diagnosi, alla cura, ed alla convalescenza.

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